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ho accettato volentieri , pur non avendolo mai fatto (ed anche per questo), l’incarico di ritrarre ed interpretare il nudo di una persona nella sua maturità.
La perdita della giovinezza è uno degli ultimi grandi tabù della nostra civiltà, dopo un certo limite d’età al corpo viene come chiesto di nascondersi ed  è sempre più spesso sentito con vergogna e fallimento.
Anche per indagare questa aberrazione ho trovato interessante lavorarci.
Il desiderio, coraggioso, di questa persona, in una fase della vita in cui spesso s’inizia un percorso di ricerca interiore, era appunto quello di “ripartire” dal proprio corpo, di radicarsi maggiormente in esso, di sentirlo, di vederlo.
E’ stata una sessione fotografica molto serena e sorridente, tutto si è svolto con naturalezza, abbiamo lasciato semplicemente che le cose accadessero e che il corpo trovasse autonomamente la propria espressione ed anch’io ho ridotto al minimo le indicazioni di movimento e posizioni. Ancora una volta la conferma che il corpo ha già una sua saggezza e che ci indicherebbe volentieri la direzione se solo ci mettessimo più attentamente in ascolto e non producessimo continue interferenze intellettuali.
Trovo sempre interessante quando la fotografia perde la propria autoreferenzialità, e si fa, invece, strumento di condivisione di un esperienza, un mezzo per prolungare lo sguardo, per approfondire la consapevolezza di se, per conoscere ed inventare altri “mondi”.
Una fotografia è sempre l’incontro tra un soggetto e ciò che risuona in chi fotografa, in questo caso è stato il dialogo tra una vita, un corpo, che racchiude e racconta tutte le emozioni ed i sentimenti attraversati con quello che risuonavano in me. A volte cade la contrapposizione tra chi guarda e chi è guardato, entrambi sono coinvolti in un processo di rimandi ed assonanze e tutte e due guardano e sono al contempo guardati.

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I never did it before, so that’s why I gladly accepted to portray and interpret the nude of a person in his maturity. 
 The loss of youth is one of the last great taboos of our civilization. 
 After a certain age, is asked the body to hide and more often it’s seen with shame as a result of a failure. 
 To investigate this form of aberration I found interesting to work on this project. 
 The brave desire of this woman, in a stage of life where often begins a soul searching, 
 was to “restart” from his own body, to have a better perception of it, to feel it, to see it. 
 It’s been a photo session very easy and smiling, everything was done naturally, we simply let things happen to allow the body to find independently its own expression, I helped to minimize the signs of movement and positions, too. 
 Once again the body confirms his wisdom indicating the direction if only we were more carefully listening it, without continuous intellectual interferences. 
 I always find interesting when the photo loses its reference, and becomes a mean of sharing an experience, a way to prolong the look, to deepen self-awareness, to learn and invent other “worlds”. 
 A photo is always an encounter between a subject and what resonates in those photographs, in this case it was the dialogue between a life, a body, with all the emotions and feelings crossed with what resonated in me.
 Sometimes the contrast between the viewer and the observed falls, both are involved in a process of cross-references and similarities and both look and are both looked.
(translation Paolo Zerbini)